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Diretto da Rocco Ricciardulli.
Un film con Riccardo Scamarcio, Raffaele Braia, Gaia Bermani Amaral, Valentina Cervi, Antonio Gerardi.
Genere drammatico — Italia, 2021, Suggerimenti per guardare bambini e adolescenti: +13 -
MYmonetro 2,63 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
The last Paradise, un nuovo film Netflix Original appena sbarcato sulla piattaforma omonima, vede Riccardo Scamarcio nel triplice ruolo di produttore, co-sceneggiatore e attore protagonista. Il film, epopea contadina ambientata nella Puglia degli anni Cinquanta e ispirata a una storia vera (anche se, in realtà, lucana), è un tuffo in un passato che ancora fatica a dirsi archiviato: quello dei delitti d’onore e dello sfruttamento connesso. al caporale. Siamo nel 1958 in un piccolo paese in un Sud aspro e bellissimo.
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Puglia, fine anni ’50. Ciccio Paradiso è un ribelle che non si inchina davanti a nessuno. Ha moglie e figlio ma è innamorato di Bianca, con la quale ha un rapporto intenso e appassionato. Bianca, invece, è la figlia di Cumpà Schettino, un proprietario terriero che, oltre ad abusare dei suoi contadini più giovani, sfrutta ed estorce braccianti. E siccome Ciccio non sopporta prepotenze e oppressioni, è doppiamente antipatico a Cumpà Schettino: incita i braccianti alla ribellione, e flirta con la figlia senza riuscire a “farla diventare una donna onesta”. L’esplosione tra i due non tarderà ad arrivare e avrà conseguenze tanto estreme quanto, a ben vedere, inevitabili.
Il regista Rocco Ricciardulli è stato ispirato da una storia vera per scrivere la storia e poi, con Riccardo Scamarcio, la sceneggiatura de L’ultimo paradiso, di cui Scamarcio è anche interprete e coproduttore.
La storia è ambientata nelle Murge pugliesi, tra uliveti e campagne a perdita d’occhio, in un passato che sancisce il dominio del patriarcato e della proprietà, sia terriera che paterna e coniugale. In questo scenario Ciccio è una mina vagante, sia perché non segue le regole del decoro familiare, sia perché non è disposto a “farsi succhiare il sangue”, soprattutto dagli “estranei”. In sintesi, non sa “stare al suo posto” e “mette il naso dove non dovrebbe metterlo”: due caratteristiche pericolose, in un contesto cospiratorio dove i maschi hanno conservato il loro istinto ferino.
Ciccio vuole lasciare il paese, come ha fatto suo fratello Antonio tempo fa andando a lavorare al nord, e vorrebbe portare anche Bianca con sé, per “non morire qui”. Ma è difficile sfuggire al luogo dove è nato e cresciuto, per fortuna o più spesso per sfortuna. L’ultimo Paradiso opera soprattutto in senso metaforico, ricreando in forma di “storia d’amore e anarchia” il dilemma di tanti uomini del sud, combattuti tra il legame con la propria terra e la voglia di lasciarla, tra il senso di responsabilità in obbedire a regole secolari e la voglia di seguire solo il proprio codice etico personale. E chi parte spesso non vorrebbe fare altro che tornare.
La regia di Ricciardulli, seppur nella convenzionalità formale, è al servizio del racconto, ricrea una Puglia arcaica e intransigente (ottime le scenografie di Isabella Angelini e costumi di Grazia Materia, fondamentale la direzione della fotografia di Gian Filppo Corticelli), e l’opera degli attori. A brillare, più delle due protagoniste (Gaia Bermani Amaral ha il ruolo di Bianca), sono gli attori non protagonisti: Antonio Gerardi nei ruoli di Cumpà Schettino e Donato Demita e Federica Torchetti in quelli dei figli Cosimo e Maria; Valentina Cervi (Lucia, moglie di Ciccio) ed Emilio Truncellito (amico Vincenzo).
Alla fine, un tocco di realismo magico attribuisce la storia al “genere fiabesco” (anche nero), ed è un bene, perché è sul fronte simbolico che The Last Paradise riassume efficacemente le contraddizioni di un’epoca e di una parte di Italia. che ha spesso posto la virilità, nella sua connotazione più (autodistruttiva), al centro dei destini degli uomini (e delle donne che da essi dipendono).
Eh si, nel tempo la bellezza di Scamarcio è svanita, il corpo appesantito con un inizio di pancetta, il viso che è diventato carnoso sembra gonfio, anche i capelli ricci hanno perso il loro splendore, solo gli occhi incredibili ed espressivi sono quelli dei giovani Riccardo. E poi Scamarcio si reinventa, non più bello del cinema italiano ma sceneggiatore, produttore e ruoli che sembrano impegnati. Perché assomigliano? Perché ormai le lotte di classe affrontate come fossero giochi di poco potere da risolvere con un drink non sono un granché. Ciccio protesta ma non conclude. La sua rivoluzione si risolve facendo l’amore con la figlia dell’oppressore. Anche sottovalutando l’odio e il potere di quest’ultimo, andando così ad un appuntamento con la morte quasi allegramente.
e cosa succede? Il secondo nuovo Scamarcio arriva nelle vesti del vendicatore che abbandona Trieste e una vita già scritta nel benessere, per tornare alle radici e reintegrarsi nella vita della Puglia sottosviluppata del tempo e si conclude con un lancio di petali a gli “Uomini e donne” per sottolineare che si può anche andare via, creare una nuova vita, nuovi amori, ma quando la terra chiama non si resiste.
bah … film che avrebbe potuto essere ma non lo è …